Francesca Tomassoni parla della tecnica ideata da Michael Chekhov per preparare e allenare attori e artisti. Un metodo semplice, veloce e divertente per scatenare le più complesse emozioni partendo dal corpo. Intervista

 

Francesca Tomassoni durante un workshop

Per quale motivo hai deciso di aprire una “palestra” dedicata agli attori improntata sulla tecnica Chekhov?

Credo che come tutti gli artisti – danzatori, pittori, musicisti – anche noi attori abbiamo bisogno di allenarci continuamente. Al di là delle possibilità lavorative che in un dato momento stiamo o non stiamo vivendo. Stare fermi non ci fa bene e l’energia dell’allenamento, in special modo con questa tecnica, ci inserisce continuamente in una dimensione creativa, ci riscalda ed attiva. La tecnica Chekhov infatti lavora direttamente sull’ispirazione e sul talento.

Puoi spiegarci brevemente di cosa si tratta?

Di un allenamento di tre ore a lezione dove impareremo gli elementi della tecnica e li metteremo in pratica con scene e monologhi cinematografici e teatrali. Sarà inoltre possibile lavorare sugli eventuali provini degli allievi, anche davanti alla macchina da presa.

In cosa questo metodo differisce dagli altri?

Principalmente accede a un livello energetico attraverso il corpo, questo piano si sostituisce a quello psicologico. In un certo senso completa, per me, l’opera di altre grandi “scuole”. Chekhov ha lavorato una vita con Stanislavskij, ma con questa tecnica si arriva alle emozioni attraverso il piano fisico/energetico, e non si tocca la sfera privata dell’interprete. Ci sono delle somiglianze anche con la poetica di Lecoq: per Chekhov come per Lecoq la dimensione del corpo è importantissima.  C’è bisogno che il corpo sia plastico ed aperto a ricevere impulsi, è un trampolino per la sfera interiore. Trovo che tanti maestri del secolo scorso, per ciò che riguarda la pedagogia della scena, siano arrivati più o meno agli stessi risultati, ma in modi diversi. A me piace utilizzare questa tecnica perché mi porta all’obbiettivo in modo molto divertente e creativo. Poco intellettuale e per niente scontato.

A chi è destinata la tecnica Chekhov?

A tutti gli artisti, non solo agli attori. Il mio insegnante poco tempo fa mi raccontava che ha lavorato con una classe di musicisti ed i risultati sono stati straordinari: l’artista si apre, il suo talento cresce. I danzatori credo sarebbero aiutati parecchio ad esprimere in scena l’emozione che c’è dietro quello che fanno. Sono avvantaggiati perché abituati a lavorare col corpo e potrebbe interessare loro lavorare sull’energia dei gesti in scena. I cantanti, lirici e non. Gli artisti plastici, i pittori, i registi, gli autori e certamente gli attori.

Perché un attore professionista dovrebbe formarsi anche con questo metodo?

I questi anni (insegno dal 2011) ho visto tanti attori, nei miei workshop, che sono riusciti ad ottenere lavori proprio grazie all’utilizzo di questa tecnica. Come dicevo, ci aiuta a essere ispirati e liberi. È rapida nell’essere appresa ed offre infiniti spunti, potenzia quello che si conosce già, mette ordine e chiama con nomi precisi ciò che l’istinto di attori ci porta a fare.

Lenard Petit

Quando è scattata in te la molla che ti ha fatto capire che questo percorso era nelle tue corde? Chi sono stati tuoi maestri?

Già quando ero in “Paolo Grassi” avevo sentito parlare di questo metodo. In seguito lavorai per qualche anno con un pedagogo russo che in un qualche modo conoscendo il lavoro degli ultimi allievi russi di Stanislavskij era a cnoscenza anche di anche questa tecnica. Ma è stato nel 2009 all’interno del “Metodi Festival” che ho conosciuto uno dei massimi esponenti del metodo: Lenard Petit. In quell’occasione ho potuto sperimentare come fosse facile arrivare a piangere, gioire, sbraitare con rabbia o sentirmi infinitamente materna o cattiva attraverso gli esercizi che proponeva a noi attori. Ne rimasi folgorata. Era facile. Giocavamo per ore trasformandoci continuamente senza la minima implicazione personale. E tornando sempre alla neutralità. Alla fine della giornata ero stanca e felice… sapete quella sensazione bellissima?!

Quali sono le principali difficoltà che i tuoi allievi trovano con il metodo Chekhov?

La mancanza di fiducia. Se manca la fiducia, non c’è modo di accedere a questa tecnica. Lavoriamo sull’invisibile, sul sottile. Se si cercano continue spiegazioni intellettuali non si entra. Se c’è troppa mente si resta fuori. È certo. Ma se ci si dà la possibilità di provare poi non si incontrano molti ostacoli.

Ci sono dei benefici visibili per un attore professionista che deve lavorare su un ruolo importante in un film?

Ci sono molti elementi del metodo da cui partire per costruire un personaggio. Il personaggio avrà radici solide: non si lavora sul cliché, ma sui particolari. Trasformarsi e vivere in un’altra pelle è molto più facile di quello che si possa pensare. Per esempio anni fa un regista mi chiamò come coach di attori a Madrid per una web serie dell’orrore, voleva che non entrassero in quel mondo in modo psicologico, ma giocando. Ci siamo divertiti molto. Oltre al fatto che si è rivelato utile per loro. In effetti questa tecnica abbassa lo “stress da prestazione” e l’ansia. È molto utile per concentrarsi e stare nel corpo, nel presente.

Spesso si sente dire che è una tecnica facile e veloce. È vero?

Appunto, sì! Ma facile non è sinonimo di superficiale, lavora invece molto in profondità.

Qual è il tuo ruolo nel percorso pedagogico? Come stimoli il lavoro degli attori?

Insegnare e fare l’attrice sono due cose molto diverse chiaramente: quando insegno riesco a “vedere” chi ho davanti. So come indirizzare gli attori istintivamente e da collega conosco la loro fragilità e  la rispetto. Cerco di potenziare le caratteristiche di ognuno e amo lavorare sul limite, sempre che chi ho di fronte sia interessato a farlo. Tutto è circoscritto in una dimensione lavorativa.

A cura di Andrea Pocosgnich

Qui le info sui corsi del Michael Chekhov Studio Roma


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